Il Cirneco in Sicilia
di Marco Belfiore
Il Cirneco è presente in Sicilia da almeno tre millenni, questo è testimoniato da ritrovamenti fossili, numismatici e letterari.
Lungo il corso del Fiume Simeto, in territorio di Paternò, in provincia di Catania in località Pietralunga attorno al 1960 è stato ritrovato uno scheletro di un cane, risalente all’incirca al 1400 a.C., di circa 45 cm di altezza e con la testa molto somigliante al tipo Cirneco, purtroppo di questo importantissimo reperto di carattere naturalistico-biologico, che doveva essere trasferito al museo L.Pigorini di Roma, non si ha più traccia…
All’ingresso di Siracusa, nella Necropoli del ”Fusco”, dentro una tomba sono stati ritrovati nel 1992 tre scheletri di cani risalenti al III secolo a.C.. Le tre teste dolicocefale e con gli assi cranio-facciali leggermente divergenti non si distaccano da quelle di un Cirneco. Probabilmente i cani appartenevano ad un cacciatore e sono stati uccisi alla sua morte per essere sepolti assieme al padrone.
Nei mosaici della famosa Villa del Casale di Piazza Armerina in provincia di Enna è raffigurata una muta di cani che sbranano Atteone, ma più di qualsiasi altra raffigurazione importanza rilevante ha la monetazione siciliana dal V al III secolo a.C. che testimonia la presenza del nostro Cirneco nell’Isola sin da epoche antichissime. Le prime sono quelle di Adrano per seguire poi in ordine cronologico quelle dei Mamertini, di Segesta, Erice, Mozia, Panormos, Piakos, Selinunte, Agirion, Paropos, Siracusa, Camarina e Messana.
Proprio su Adrano parla Eliano attorno al II secolo d.C. nel suo “Perì Zoon idiotetos” e nella sua opera, tradotta nel 1864 dal tedesco Rudolph Hercher, riporta un passo relativo ai cani sacri del Dio Adranos risalente all’ 800 a.C. : “Vi sono cani sacri, anzi essi sono i ministri ed i servitori del dio, i quali, non meno di mille di numero, superano i molossi per la bellezza……costoro durante il giorno dimenano la coda verso coloro che si avvicinano al tempio…..di notte sbranano con inaudita violenza anche i maestri nell’arte di rubare”, sia Santi Correnti che Ciaceri sostengono che i cani citati da Eliano fossero Cirnechi. Il paese di Adrano, alle pendici dell’Etna, è da consediderarsi la culla del Cirneco, nel suo museo si trova un interessante statuetta risalente al 1100 a.C. raffigurante un cane con orecchie ritte e muso a punta.
IL TERMINE "CIRNECO DELL'ETNA"
Già attorno al 350 a.c. il grande Aristotele menziona i “Cani Cirenaici” nella “Historia animalium” e nel “De generatione animalium”.
L’ipotesi più attendibile sull’origine del termine Cirneco, è quella scritta dal professore Antonino Pagliaro nel 1950 sulla rivista “Ricerche linguistiche”. nella quale spiega come il nome siciliano “cirnecu” provenga dal greco “Kyrenaikòs” , cioè “cane cirenaico” e attraverso una mediazione latina diventi ”Cyrnaecus”, confermando così la presenza del Cirneco in epoca greca.
La parola Cirneco la troviamo per la prima volta in una prammatica del 20 Aprile 1533 in cui si vieta l’uso del Cirneco poiché dannoso per la selvaggina “…non si possi andar a caccia con cernechi per essere molto dannosi alla detta caccia de lepri”.
Già nel 1517 però lo Scobar usava il termine “Chirnecus” nel suo “Vocabolarium nebrissense”.
Come ottimi segugi li definisce nel 1650 (Natura et Solertia Canum) e nel 1653 (Variarum Lectionum sive Venationum Heorum” Cirino Andrea da Messina.
Nella metà dell’800 lo zoologo Giuseppe Galvagni denomina il Cirneco “Canis Etneus” e nel famosissimo romanzo “Il Gattopardo”, Tomasi di Lampedusa scrive “…il cane Romeo, che latrava breve in un cantone, era il tris nipote di un altro cernieco”.
Donna Agata Paternò e Domenico Diletti vollero per primi che il Cirneco venisse chiamato “dell’Etna” e dal 1939 è ufficialmente conosciuto e riconosciuto dall’Enci come Cirneco dell’Etna.